Veduta del porto di Cagliari dal dirigibile, 1921 - Archivio Storico, Comune di Cagliari, Fondo fotografico (http://mediateca.comune.cagliari.it/)

 

 

Il quartiere

 

Dionigi Scano, riferendosi alle origini della Marina, scrisse nel 1922 in Forma Kalaris:

La Lapola o Bagnaria non era, come Stampace e Villanova, una villa, ma costituiva un accessorio del Castello di Cagliari, il quartiere marinaio in cui aveva sede il complicato organismo portuario. Quivi erano i magazzeni di deposito, gli uffici della dogana, del misuratore, del portolano, mentre, in vicinanza alle due chiese di San Leonardo e di Santa Lucia, doveano elevarsi gli edifici e le abitazioni delle maestranze, addette ai servizi del porto.

Questo nucleo di popolazione dovea occupare una zona assai limitata e non estendersi oltre le attuali strade, Via Baille, Via Mores (oggi via Napoli) e Via Barcellona fino alla Via Manno, giacché la parte orientale dell’attuale quartiere è di origine più recente, essendosene forse iniziata la costruzione dopo l’abbandono del borgo di Bonaria.

La Lapola non formava parte del sistema difensivo del Castello di Castro, giacché si estendeva fuori mura, ma aveva fortificazioni proprie…….

……….quel nucleo di abitazioni, di magazzeni, d’opifici costituenti il quartiere del porto, che i Pisani chiamarono talvolta col nome di Liapola, ma più spesso col nome di Bagnaria, si estese rapidamente verso oriente per raccogliere quei Catalani di Bonaria che non poterono trovare posto nel borgo del Castello…………”

Nell’analisi delle trasformazioni subite dal quartiere, nel passaggio dal periodo pisano a quello aragonese, lo Scano continua:

“….la Lapola era in piena efficienza di trasformazione e di ampliamento………….I numerosi mercanti catalani, gaetani e napoletani…..che nei primi anni del dominio aragonese aveano stabilito le botteghe e le abitazioni nel Castello, tendevano a trasferirsi nella Liapola che, assicurata dalle nuove fortificazioni, offriva loro ottime garanzie, mentre la vicinanza al porto facilitava le operazioni attinenti al commercio.

La Liapola completò nel XVI secolo quella trasformazione che fece sorgere il quartiere più importante della città, dopo il Castello.”

 

Lo Scano prosegue ancora ricordando i bastioni che avevano costituito le mura del quartiere, non più esistenti: il bastione del Monserrato, incorporato nell’albergo La Scala di Ferro, il bastione di Gesus, quello della Darsena o di Castel Rodrigo (Fortino), quelli di San Francesco, di Sant’Agostino e di Sant’Elmo.
Poi le porte: la Porta dell’Angelo o di Sant’Antonio (o di Stampace), all’estremità occidentale dell’attuale via Manno; la Porta di Sant’Agostino, all’estremità occidentale della via Sardegna; la Porta del Molo, nelle mura del’attuale via Roma, davanti alla via Barcellona; la Porta della Darsena; la Porta di Gesus, all’estremità orientale di via Cavour; la Porta del Lesques o della Costa (o di Villanova) all’estremità orientale della via Manno; la Porta del Castello o dei Leoni, che permetteva il passaggio al quartiere alto.
La piazza principale era la piazza del Porto (o del Molo), davanti al molo di Sant’Elmo (o della Sanità), da cui partivano verso sinistra la strada delle Conce, verso destra la strada dell’Osteria Nuova (o di San Francesco del molo), parti della attuale via Roma, e la strada di Barcellona, principale via del quartiere. Le altre vie importanti erano le parallele a quest’ultima, fra cui le più antiche erano le strade di San Leonardo (poi di Sant’Agostino, oggi via Baille), Moras (via Napoli) e Sant’Eulalia; nella parte alta la strada principale era quella della Costa (via Manno).

Dal XVII secolo il quartiere fu chiamato esclusivamente La Marina, con lo stesso significato degli antichi nomi; le mura vennero completate, con la costruzione del Fortino di Castel Rodrigo e il rafforzamento del baluardo di Sant’Elmo; si formarono le vie del lato orientale, fra cui le strade di Monserrato (Lepanto), del Pagatore (Arquer), la discesa di Sant’Eulalia (Collegio). Venne completata anche la strada della Costa, con la costruzione dei fabbricati sul lato settentrionale, e vennero meglio tracciate le vie sopra la Costa, fra cui la salita di Porta Castello, attuale via Mazzini.

 

 

Sulla città di Cagliari e sulla Marina così scrisse Vittorio Angius, fra il 1830 e il 1840, per il dizionario Geografico-storico-statistico-commerciale di Goffredo Casalis:

“Componesi Cagliari di quattro distinte parti, però appellate quartieri. Il Castello e la Marina contenuti entro le fortificazioni, e separati una dall’altro per la cortina dal Balice allo Sperone, stanno sul colle che ha le falde al mare.

La superficie delle quattro parti principali è di metri quadrati 886.912 risultanti dalle parziali 134.825 per lo Castello con 120.912 per l’area di ciò che dicono cittadella; 137.387 per la Marina; 189.787 per lo Stampace, non compreso il borgo (di Sant’Avendrace o Santa Tennera), 293.000 per la Villanova.

La Marina, o Lapola, presenta la figura d’un trapezio. Sonovi 8 strade maggiori per l’erta, della lunghezza del quartiere di circa 303 metri, e altrettante intersecanti, della quali la più bella è la Costa, per cui è la linea di comunicazione tra lo Stampace e la Villanova. Più spaziosa di tutte è la piazza or detta (contrada) di San Francesco, e in addietro della Marina, nella cui estremità sono le porte della darsena e del molo. Si annoverano isole 37, e da tutte le parti riunioni di case alle spalle dei rampari.

Contrade della città. Nel Castello, e nella Marina sono in gran parte ben selciate; negli altri due quartieri, eccettuate le principali, l’altre o lo sono pessimamente o reggonsi nude in tutto. Tutte generalmente sono larghe e in modo, che se non lo impedisca la ertezza, vi possono scorrere le carrozze, ma troppo dure ai piedi. In vero non si potrebbero lodare di grande regolarità.

Illuminazione notturna. Sono per tutta la città distribuiti 115 riverberi, dei quali 35 nel Castello, 34 nella Marina, 23 nello Stampace, ed altrettanti nella Villanova. A provvederli è stato imposto un dazio sulla introduzione dell’olio d’olivo alla consumazione.

Sindaci dei quartieri bassi. Sono 3 in ciascuno di essi. Servono per un anno, e assumosi il primo dalla classe dei nobili o laureati; l’altro dall’ordine dei notai o procuratori; il terzo dagli artigiani. Presentemente le loro incumbenze sono assai ristrette, e forse fra non molto saranno annullate……………

La popolazione notata al 1834 era divisa ne’ quartieri con questi rispettivi numeri

                                             Uom.     Don.       Tot.       Fam.
Castello                            1.767     1.987     3.754        990
Marina                             3.931     4.379     8.310     2.165
Stampace                       2.153     3.388     6.541     1.520
Villanova                       3.134     3.052     6.186     1.495
S.Avendrace                 525         453         978        296

 

 

La Marina era dunque il quartiere più popoloso e più vivace; per la sua vocazione marinara e commerciale è noto e logico che fosse caratterizzato dalla presenza di un gran numero di “non sardi”, in particolare commercianti e gente di mare: liguri e siciliani, napoletani e livornesi, spagnoli e francesi, tedeschi e inglesi, e fra i sardi erano tanti quelli provenienti dall’interno; fra questi ultimi si contavano nel quartiere, da un censimento del 1808, ben 105 “Maioli”, studenti che prestavano i loro servizi, in cambio di vitto e alloggio, presso le famiglie dei Cagliaritani agiati.

A dimostrazione dell’eterogeneità della popolazione del quartiere, osservando l’elenco dei circa 850 cognomi che compaiono nella presente ricerca, risulta che poco più di 300 risultano sardi, gli altri appartengono a individui e famiglie di provenienza extra-isolana, più o meno recente; il dato è ovviamente indicativo e approssimativo, non sempre è facile stabilire la “sardità” di un cognome, e i criteri possono essere diversi e opinabili: si può considerare sarda la famiglia Amat, di origine catalana ma presente in Sardegna da secoli, e si può considerare sarda la famiglia Asquer, ex Ascheri, arrivata dalla Liguria nelle prima metà del XVII secolo, ma, avendo presente che il periodo di interesse della presente ricerca parte dalla seconda metà del XVIII secolo, possono essere considerati non sardi alcuni cognomi come Coiana, Pettinau, Sesselego, Durzu, Vadilonga, Recupu, arrivati in Sardegna proprio nel XVIII secolo o all’inizio del XIX, e modificati in Sardegna in maniera originale; per esempio, i tre fratelli Bernardo, Paolo e Pasquale Coiana, nati in Sardegna, erano figli di un Siciliano di Trapani di cognome Guaiana, sposatosi a Cagliari nel 1739; i diversi individui di cognome Sesselego o Sessego, il cui cognome originario era Sessarego, arrivarono a Cagliari intorno al 1800 dalla Liguria.