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ISOLATO T1: vico S.Eulalia/discesa dietro S.Eulalia/Gesus/Monserrato

(via dei Pisani, via Concezione, via Cavour, via Lepanto)

numeri catastali da 2878 a 2891

l’isolato è rimasto abbastanza integro, a parte la demolizione della casa 2888, all’angolo fra la via dei Pisani e la via Concezione.

 

2878, 2889, 2890, 2891                   

Queste 4 unità catastali vengono considerate insieme perche appartenevano a Giuseppe Tocco Mallus detto “Tacada” o "Tacara", agiato commerciante morto il giorno 08/02/1792; era coniugato in prime nozze con Giovanna Boi, da cui divorziò nel 1784, e si risposò (dopo la morte di Giovanna Boi) con Serafina Ayana, da cui ebbe un figlio, Giuseppe Raimondo Tocco Ayana, nato nel 1792 (fra maggio e agosto), pochi mesi dopo la morte del padre, e morto a 6 anni nel 1798. 

Il primo documento che fornisce notizie sulla casa 2878, o forse su una parte di essa, è l’inventario dei beni del fu Domenico Marramaldo, del 20.09.1778; il Marramaldo possedeva la casa 2877 la quale confinava sul davanti, al di là della discesa di fra Luis Grech, con la casa della comadre” Teresa Leoni; si tratta con tutta probabilità di una ostetrica che operò alla Marina almeno fra il 1755 e il 1778, e che morì vedova il 23.11.1778; succedeva frequentissimamente che le ostetriche diventassero le madrine di battesimo dei bambini che facevano nascere, da ciò l’appellativo di “comadre”.

Il primo documento che fornisce notizie sulle proprietà di Giuseppe Tocco Mallus è un fascicolo di una causa civile del 1782, con la quale il Tocco Mallus cercava di far sloggiare, da una casa di sua proprietà, Angela Marturano, moglie del mastro Giovanni Campus; nella causa non vengono riportati dati utili per identificare la casa, che il Mallus aveva comprato il 01.05.1782 dal dottor Matheo Marramaldo; Angela Marturano aveva avuto in affitto la casa da Carlo Marramaldo, fratello di Matteo; in effetti non è possibile sapere esattamente quale sia la casa in quesione: potrebbe essere infati una parte della casa 2878, oppure la casa 2891.

In un atto notarile del 1784 si riporta l’inventario dei beni lasciati dal fu Carlo Marramaldo defunto il 21.06 di quell’anno, e fra questi è compresa la terza parte di una casa nella strada di fra Luigi Grech, confinante con case di Giuseppe Tocco Mallus ed a case degli eredi Delvecho (2877); da questo e da altri documenti, sembra probabile che la proprieà di Carlo Marramaldo fosse la parte alta della casa 2878, mentre il Mallus possedeva la parte bassa della stessa unità e l’unità 2891; tutti i beni di Carlo Marramaldo provenivano dalla divisione dei beni del padre Francesco, col testamento del 08.03.1750. Si suppone che l’intera casa 2878, con facciata sulla strada di Fray Luis Grech e altra facciata sulla traversa che porta a Sant’Eulalia, facesse parte dei beni di Francesco Marramaldo, divisi fra i suoi figli Carlo, Agostino, Antonio e Matteo; il commerciante Giuseppe Tocco Mallus potrebbe aver comprato nel 1782 da Matteo la parte di sua spettanza e, come si comprende dai documenti successivi, avrebbe acquisito anche la restante parte dell’immobile, appartenuta in parte a Carlo Marramaldo.

In atto del 25.12.1785, relativo a una ipoteca accesa sulla casa Delvechio, situata nella strada Delvechio ossia di Fra Luis Grech, questa casa, unità catastale 2877, confinava da maestrale, attraverso la strada Del Vechio, con la casa dei “giugali” (coniugi) Giuseppe Tocco Mallus e Giovanna Boy (2878); la casa dei coniugi Tocco Mallus era in precedenza di Marramaldo, e prima ancora di Teresa Leony Escalas, la quale l’aveva venduta a Marramaldo.

Giuseppe Tocco Mallus (chiamato anche Mallus Tocco o Mallus Tacada) morì il giorno 08.02.1792; il 4 marzo il notaio Giovanni Battista Cicalò Galisai si recò nella sua casa di ultima abitazione nella strada di Sant’Eulalia (dietro la chiesa), su richiesta della vedova del defunto Serafina Ajana, curatrice del figlio (o figlia) che sarebbe nato postumo, concepito da legittimo matrimonio. Il commendator Bonaventura Cossu Madao era con-curatore, designato nel testamento.

Il Tocco Mallus possedeva 6 case nella Marina, cioè una casa nella strada Gesus (2580) e 5 case dietro la chiesa di Sant’Eulalia:

1) una casa (2891 parte destra, e parte sud della casa 2878, a forma di “L”) composta da 2 piani e magazzino, poggioli in ferro cisterna e pozzo, sita nella strada di S.Eulalia, confinava dietro con la casa del reverendo Raimondo Vacca (2879), davanti con la casa di Ventimiglia (2789), e sull’altro fronte con casa di Liveccio (Delvechio, 2877), stimata lire 1926.15;

2) una casa (parte nord dell’unità 2878) composta di 2 piani e cisterna, sita nell’angolo fra la strada di S.Eulalia (attuale via dei Pisani), e strada dei Preti, confinava da una parte con la casa precedente, dall’altra con la casa di Liveccio (Delvechio, 2877) e dall’altra parte con le case di Ventimiglia (2789) strada in mezzo, stimata lire 1034.5;

3) una casa (2891 parte sinistra) composta di 2 piani ed un piccolo “sòttano” con cisterna, nella strada di S.Eulalia, confinava da una parte con la prima casa (2891 parte destra), davanti con le case di Ventimiglia (2789 parte destra) e Giuseppe Antonio Porcu (2789 parte sinistra) strada in mezzo, e dall’altra parte con altra casa del defunto (2890), stimata lire 1005.10;

4) una casa (2890) composta da un piano, cantina ossia “gragato”, cucina e terrazzo, sita nella strada di S.Eulalia, confinava da una parte con la precedente casa, davanti con casa di Giuseppe Antonio Porcu (2789 parte sinistra) strada in mezzo, dall’altra con altra casa del defunto, quella del punto successivo (2889), e dietro con casa che era stata di Mantello (2887, parte), stimata lire 792.10;

5) una casa (2889) composta da un piccolo “sostre” (piano) e 2 sottani, col pozzo, sita nella strada di S.Eulalia, confinava da una parte con la precedente, davanti con casa di Giuseppe Antonio Porcu (2789 parte sinistra) strada mediante, e dall’altra con casa di S.Lucia (2888), stimata lire 432.10.

La proprietà dell’eredità di Joseph Mallus Taccada è confermata in atti notarili del 14.11.1797 e 16.01.1798, relativi alla casa Ravagli 2877.

Nel 1798, morì Giuseppe Raimondo Tocco Ayana, figlio postumo di Giuseppe Tocco Mallus; nel frattempo la vedova Serafina Ajana si era risposata col negoziante Nicola Murru.

Un atto notarile del 22.08.1800 relativo alla casa Vacca (2879) indica ancora le proprietà confinanti (2878 e 2891) del defunto Joseph Tocu Mallus, ed un altro atto del 28.01.1801, relativo alla casa 2888, indica la casa 2889 come appartenente all’eredità del fu Joseph Mallus alias Tacada; atti del giugno 1807 e del settembre 1809, relativi alla casa 2789, citano Giuseppe Taccara come defunto proprietario delle case 2878 e 2891.

Nell’inventario dei beni del fu Agostino Ravagli, del 06.05.1817, la casa Ravagli già Delvechio, numero 2877, confinava davanti, strada del Monserrato frammezzo, con casa di Nicolò Murru (2878), secondo marito della vedova Tocco Mallus.

Dopo il 1850 le case 2878, 2889, 2890, 2891, appartenevano al sacerdote beneficiato Antonio Sanna.

Attualmente le case 2889 e 2890 formano un’unica casa, mentre la casa 2878 è divisa in due case distinte, dal lato della via Lepanto, a confermare le vicende diverse che hanno interessato, anche in passato, le due parti. 

 

2879 e 2885       

Erano le case Vacca; il primo documento che le cita, fra quelli rintracciati, è un atto notarile del 1773 che riporta la stima di una casa (2885) in calle di Jesus, chiesta dal reverendo Ramon Vacca curatore dell’eredità dei genitori, notaio Francisco Ignacio Vacca e Maria Angela Piras; la casa “ensostrada” (con piani alti) nella calle di Jesus era abitata da uno dei figli dei defunti coniugi, il notaio Francesco Antonio Vacca; confinava per davanti, “calle mediante”, con la casa di Carlo Marramaldo (2578), da una lato con una casa dei padri Gesuiti (2886), dall’altro lato con una casa della Comunità di S.Eulalia (2884), ed alle spalle con la casa (2879) che abitavano gli altri fratelli Vacca, fra cui il reverendo Raimondo, figli ed eredi dei coniugi Vacca Piras.

La casa dove abitava e dove poi morì il reverendo Raimondo Vacca, unità catastale 2879, comprendeva anche un ampio cortile che nella pianta di metà ‘800 è inglobato nella casa 2880; detto cortile confinava con la casa 2885 dove abitava suo fratello notaio Francesco Antonio.

Da tener presente che dal raffronto fra la carta di metà ‘800 e carte successive, è chiara l’approssimazione della carta di metà ‘800, in particolare per la parte retrostante delle case.

Nell’atto notarile del 1778, inventario dei beni del fu Domenico Marramaldo, e nella causa civile del 1785 contro i suoi eredi, la loro casa 2877 confinava davanti con la casa 2878 (Leoni e Mallus) e con quella del reverendo Raimondo Vacca (2879).

In atti notarili del 1784, relativi all’inventario dei beni del defunto Carlo Marramaldo, e successiva divisione dei suoi beni fra gli eredi, la casa 2883 sulla strada Gesus aveva alle spalle, attraverso un viottolo, la casa (2879) del reverendo Raimondo Vacca; il viottolo dovrebbe corrispondere alla casa 2880, allora non esistente.

Nell’inventario dei beni del defunto Joseph Mallus Tocco, del 04.03.1792, la sua casa 2878 confinava al lato con la casa del reverendo Raimondo Vacca, mentre la casa 2891 vi confinava per la parte posteriore.

Ulteriori conferme si hanno in atti del 21.09.1797 e del 14.11.1797: il primo riguarda la casa 2887 del notaio Antonio Jorge Porcu, che aveva alle spalle la casa Vacca 2879, il secondo riguarda le case Ravagli 2877 e 2876, separate dalla casa Vacca dalla strada Monserrato o Delvechio.

Il reverendo Raimondo Vacca, beneficiato ed economo della chiesa di S.Eulalia, morì il 30.12.1798; nel suo testamento, consegnato al notaio il 22 dicembre, furono nominati eredi i suoi fratelli reverendo Pasquale che si trovava in Spagna, il reverendo Pietro, ed il notaio Francesco Antonio che fu nominato curatore testamentario; fra gli eredi vi erano inoltre le sorelle e alcune cugine, figlie della zia Giovanna Vacca; lasciò dei cospicui legati alla chiesa di S.Eulalia per fondare dei benefici ecclesiastici, con ipoteche sui suoi beni, cioè la casa sulla strada del Monserrato (2879), alcune proprietà a Selargius, e una casa con giardino e orto presso la chiesa di San Lucifero; la casa sulla strada Gesus, proveniente dall’eredità dei genitori, restò di proprietà del notaio Francesco Antonio che già ci abitava.

Il 03.04.1799 fu completato l’inventario dei suoi beni, con la stima degli immobili eseguita dal Misuratore Generale Gerolamo Massei; la casa dove abitava il defunto nella contrada di Monserrato, denominata anche di Fra Luis Grech, dei Preti e di Delvechio, fu stimata in tutto £ 6074.15.8 (compreso il corpo aggiunto comprendente 2 stanze e piccolo cortile, che corrispondono, nella mappa di fine ‘800, alla parte posteriore della casa 2880).

In data 17.04.1799 il reverendo dottor Angelo Francesco Aitelli, presidente della Comunità di Sant’Eulalia, in qualità di esecutore testamentario del reverendo Raimondo Vacca, cedette le 2 stanze e il piccolo cortile del corpo aggiunto della casa del defunto, al notaio Francesco Antonio Vacca; anche quella parte della casa era legata al beneficio che si doveva fondare, ma il reverendo Aitelli riconobbe che cedere le stanze non avrebbe causato pregiudizi alle disposizioni del defunto. Il notaio Vacca aveva numerosa famiglia, gli era utile ingrandire la sua casa (2885), che si trovava a un livello più basso del cortile acquistato; gli fu imposto il divieto di costruire un forno nel cortile, né cucina né fuochi, per non “offendere gli affittevoli” della casa del fu reverendo Vacca, e non avrebbe potuto edificare per non “offendere la luce delle cucine” della casa Vacca (2879) e dell’altra attigua della comunità di Sant’Eulalia (2884); il cortile sarebbe servito al notaio Vacca come ricovero per il cavallo.

Nel 1799 sorsero delle contese sull’eredità fra la Comunità di Sant’Eulalia e i nipoti del defunto sacerdote: in particolare il reverendo Pasquale Vacca, figlio di Francesco Antonio, e omonimo di uno zio pure lui sacerdote, sosteneva che nel testamento lo zio Raimondo gli avesse lasciato in dote la casa della strada di Monserrato e anche l’orto di San Lucifero; non si sa come sia terminata la causa civile, ma nel 1799 il reverendo Angelo Francesco Aitelli, presidente della comunità di Sant’Eulalia, presentò il donativo dell’eredità del reverendo Raimondo Vacca, e dichiarò una casa nella strada di Monserrato comprendente una bottega al piano terreno, due piani ognuno con 2 stanze, 3 camerini e una cucina; vi erano una terrazza e un cortiletto dal quale si accedeva ad altre due stanzine: queste ultime dovrebbero essere le stesse che erano state cedute al notaio Francesco Antonio Vacca, il quale le pagò a saldo in data 07.07.1800.

In data 22.08.1800 il reverendo Aitelli, curatore della eredità del reverendo Vacca, fondò il beneficio a cui era assegnata la casa dove era morto il sacerdote; facevano parte del beneficio anche l’orto e il giardino nel luogo detto di San Lucifero, confinante con la chiesa di San Saturnino.

Dalla denuncia per il donativo (probabilmente del 1799) di Anna Francesca Castelli Sanna [1], si sa che il notaio Vacca pagava una pensione di scudi 21, per un censo di scudi 350, con ipoteca sui suoi beni; con atto del notaio Efisio Doneddu del 06.08.1804, Anna Francesca Castelli Sanna vendette il censo di sua proprietà di 350 scudi, gravante sulla casa della strada Gesus del notaio Francesco Antonio Vacca, al reverendo canonico Giuseppe Antonio Deplano; il censo proveniva da un legato lasciatole da suo zio, reverendo canonico don Francesco Maria Sanna Mallas, con testamento del 29.03.1791.

Con atto del notaio Nicolò Martini del 04.06.1806 la Comunità di Sant’Eulalia vendette la casa, che era appartenuta al reverendo Raimondo Vacca, all’avvocato Pietro Murroni Regio Assessore; egli era disposto a pagare lire 5000 in 15 anni, cioè lire 1000 ogni triennio, in 5 quote, a partire dal giorno di firma; avrebbe pagato il frutto annuo di lire 225 al 4,5%, fino al pagamento completo. La casa era stata avvalorata anni prima dal Regio Misuratore Gerolamo Massei in lire 5637 e soldi 6. La Comunità rinunciò alla differenza, cioè a lire 637 e 6 soldi, perché erano necessarie diversi lavori di riparazione. In data 12.12.1809 l’avvocato Murroni pagò alla Comunità lire 500 come acconto per quanto dovuto per l’acquisto della casa.

L’avvocato Murroni, originario di Sini, nel 1794 aveva sposato Angela Vacca, figlia del notaio Francesco Antonio; è confermato che abitasse nel 1808 nella strada di Monserrato: nella sua casa ospitava il “maiolo” Battista Masala di Fonni.

Dall’elenco dei maioli residenti a Cagliari, si sa che nel 1808 il notaio Francesco Antonio Vacca abitava ancora nella strada Gesus e ospitava due maioli: Giuseppe Melis e Giacomo Piras, entrambi di Fonni.

Il 26.12.1809 Giovanna Frau, moglie del notaio Francesco Antonio Vacca, morì nella sua abitazione della strada Jesus; il giorno stesso fu aperto e letto il testamento che era stato stilato dal notaio Alessandro Alciator il giorno precedente. I coniugi Vacca Frau era sposati “alla sardesca”, per cui i loro beni erano condivisi; oltre al marito gli eredi della donna erano i suoi figli: Angela, Ramon, Ignacio, il reverendo beneficiato Pasqual, Juanica, Maria Annica, Juan Batta, Effisia, Pedro e Miguel Vacca Frau

Nella causa relativa all’eredità di Agostino Ravagli, del 1817, la casa 2879, un tempo del reverendo Raimondo Vacca, risulta appartenere ancora all’avvocato Pietro Murroni (-1825).

Dopo il 1850 la casa 2879 apparteneva al negoziante Raffaele Steria figlio del fu Efisio; dovrebbe identificarsi col figlio del negoziante Efisio Steria Porcile (1776-) e di Giovanna Ponsiglione (1795-1834), nato nel 1814 e coniugato nel 1852 con Antonia Piccaluga; non si conoscono altri particolari familiari.

Dopo il 1850 la casa 2885 apparteneva invece al Capitolo Cagliaritano. 



[1] Dovrebbe essere una figlia del lucchese Antonio Castelli (morto  nel 1787, fratello del più noto giudice e senatore don Luigi Castelli) e di Maria Luisa Sanna Mallas

  

 

2880     

Dalla dichiarazione per il donativo del 1799 della Comunità di Sant’Eulalia, risulta una proprietà nella strada di Monserrato composta da 2 piani alti di 5 stanze e un sottano, chiamata “casa Urru” dal nome di un precedente proprietario; dal donativo non sarebbe possibile identificare la casa, perché non sono presenti altri particolari; questo è però possibile grazie ad un atto del 1809 nel quale si fa riferimento esplicito alla casa Urru e ai suoi confinanti.

Che la casa 2880 appartenesse alla Comunità di Sant’Eulalia si sa comunque da atti del 1800 e del 1806, già citati per la casa 2879; era però più piccola di quanto risulta dalla pianta del quartiere di metà ‘800, in quanto, come si è già detto nel paragrafo precedente, la sua parte posteriore faceva parte in un primo momento della casa 2879 del reverendo Raimondo Vacca e poi della casa 2885 del notaio Francesco Antonio Vacca. Da alcuni riferimenti trovati in atti del 1784, relativi alla casa 2883, sembra che in quell’anno in quest’area non esistesse una casa, ma un vicolo, che separava la casa 2883 dalla casa Vacca 2879.

Fra il 1807 e il 1808, durante i lavori di riedificazione della casa confinante 2881, di proprietà della Congregazione del Santissimo Sacramento, crollò il muro divisorio fra le due case e, a seguito di una lite giudiziaria, la Congregazione dovette rimborsare la Comunià di Sant’Eulalia per lire 425, con sentenza del 17.02.1808.

Con atto del notaio Giuseppe Isola del 28.08.1809 la Comunità di Sant’Eulalia, rappresentata dal sacerdote Gregorio Medda, ottenne 550 scudi dal negoziante Salvatore Rossi; fu stabilito un interesse al 6% annuo, pari a 33 scudi; la richiesta di questa somma era legata a due circostanze: da una parte alla necessità di sistemare alcune pendenze col Monastero di Santa Chiara per l’asta da poco conclusa delle case Tatti (2332 e 2333) sulle quali sia la Comunità sia il Monastero vantavano dei crediti; dall’altra le spese affrontate per la nuova costruzione della casa detta di Urru, posseduta dalla Comunità nella strada di Monserrato; fu pertanto ipotecata la stessa casa Urru, confinante da una parte alla casa venduta recentemente dalla stessa Comunità (2879) all’avvocato Pietro Murroni, dall’altra a casa “rovinata” della Congregazione del Santissimo (2881).

Un’ulteriore conferma della proprietà viene da un atto notarile del 1811, relativo alla casa Martini 2881: quest’ultima aveva la “muraglia” in comune con la confinante casa propria della Comunità di Sant’Eulalia.

A partire dal 01.05.1810 il primo piano della casa Urru fu affitato al negoziante Bernardo Pintor Frongia per 50 scudi annui; egli però fu citato in giudizio nel corso del 1811 per la sua morosità; al 07.08.1811 doveva alla Comunità quattro mesi di affitto per poco più di 41 lire; in un primo momento fu sequestrata una pendola valutata 45 scudi dagli orologiai Antonio Besson e Rodolphe Philibert; il Pintor Frongia obiettò  che i due periti non erano dei veri orologiai, ma uno era un falegname, l’altro un militare; si arrivò ad una sentenza del 11.09.1811, con la quale il Pintor Frongia fu condannato a pagare i fitti arretrati (più di un semestre) e a lasciar libera la casa. Ci fu un tentativo di sfratto in data 24.12.1813, quando il causidico Frau Pladeval (procuratore della Comunità di Sant’Eulalia) insieme al notaio Frontello e al tenente Tronci (incaricati dal Tribunale) si recarono alla Casa Urru per espellere il Pintor Frongia con la forza; questi però nel frattempo aveva dato ospitalità ad “una donna vecchia denominata per cognome Artemalle”; per cui, “per tratto di pura commiserazione” gli fu dato tempo fino alle 8 del mattino del giorno successivo in modo da trovare, per sé e per la sua ospite, un altro alloggio; il Pintor Frongia assicurò che avrebbe consegnato le chiavi il giorno dopo, “senza far strepito”; il 04.01.1814 era ancora dentro la casa, impossibilitato a lasciarla in quanto con lui viveva madama Artemalle con una figlia ammalata a letto, non trasportabile in altra casa; si procedette col sequestro di “sedie, comò, scrivania, lumiere, quadretti, un baule”, lasciando il resto “per pura commiserazione di Anna Artemalle che si trova nella casa in stato deplorabile”.

Infine in data 01.09.1814 il notaio Frontello trovò la casa aperta e vuota; il 10.03.1815, per recuperare il credito, si cercò di vendere i mobili sequestrati; il Pintor Frongia (1744-) nel frattempo era defunto.

Dopo il 1850 la casa 2880 apparteneva ancora alla Comunità.

 

2881

Vi sono quattro atti notarili che fanno riferimento a questa casa:

il primo è del 05.09.1807, contratto di impresa firmato dai guardiani della Congregazione del Santissimo Sacramento e i mastri muratore Giovanni Crobu e falegname Francesco Spetto, per la riedificazione di una casa sita nella strada di Monserrato: con sentenza del 20.04.1807 era stata assegnata alla Congregazione la casa che il fu Carlo Martini di Cagliari possedeva nella contrada di Monserrato ossia dei Preti, per un debito di lire 910, soldi 8 e denari 4, dovute alla congregazione per un censo cui la casa era stata sottoposta, e diverse pensioni arretrate; la casa nel 1807 era in stato di rovina ed inabitabile; la congregazione aveva provveduto a puntellarla ancora prima che fosse firmato l’atto di cessione, e nella riunione dell’otto giugno i confratelli avevano discusso sulla possibilità di venderla o riedificarla; aveva prevalso quest’ultima soluzione, e i mastri muratore e falegname garantirono di terminare la costruzione entro 6 mesi. Non vi sono molti elementi per l’identificazione della casa, che aveva almeno due piani alti e forse un ulteriore livello; furono stimati anche dei lavori da eseguire sulla muraglia che separava la casa dalla confinante casa Toufani. Se si identifica la casa ex-Martini con il numero catastale 2881, la casa Toufani è il numero catastale 2883, alle spalle. Il precedente proprietario si può identificare con uno scrivano (forse notaio) Carlo Martini morto nel 1792, lo stesso che aveva posseduto la casa 2540.

Col secondo atto notarile, del 28.08.1809, la Comunità di Sant’Eulalia accese un ipoteca sulla casa 2880: a fianco a questa c’era una casa in rovina, di proprietà della Congregazione del Santissimo Sacramento.

Il terzo atto a firma del notaio Giuseppe Isola, del 20.01.1810, è un accordo fra la Congregazione del Santissimo e i mastri Crobu e Spetto, i medesimi citati nel 1807: i due mastri avevavo ricevuto, agli inizi dei lavori a loro commissionati, la prima rata di lire 616, soldi 13 e denari 2, ma non poterono portare a termine la “fabbrica” perché crollò il muro divisorio con la casa confinante di proprietà della comunità di Sant’Eualalia (numero catastale 2880); venne iniziata una lite giudiziaria da cui risultò, con sentenza del 17.02.1808, che la Comunità doveva essere rimborsata per lire 425 dalla Congregazione, la quale si volle rifare sugli artigiani a cui era stato affidato il lavoro. I mastri Crobu e Spetto non ricevettero più un soldo per il lavoro eseguito. 

Il quarto documento è un atto notarile del 16.01.1811, con cui i mastri muratore Antonio Vincenzo Manca e falegname Salvatore Zucca firmarono una ricevuta per la somma di lire 3566 e 7 soldi, consegnati loro dai guardiani della Congregazione del Santissimo, per i lavori di riedificazione fatti eseguire in una casa della strada del Monserrato della Marina. La casa era “pervenuta” in anni recenti alla congregazione, e veniva chiamata casa Martini. La sua identificazione con l’unità 2881 è basata solo sulla strada e sul confine laterale con una casa della Comunità di Sant’Eulalia (2880), e sul fatto che anche dopo il 1850 apparteneva alla Congregazione del Santissimo Sacramento, che non risulta avesse altre proprietà nella strada del Monserrato, così come non risultano nel vicinato altre case Martini.

 

2882     

In due atti del 1784, relativi alla eredità di Carlo Marramaldo, è scritto che la casa Marramaldo 2883 confinava da una parte con la casa dei coniugi Giovanni Battista Saliner e Anna Maria Piras, e dall’altra parte con casa della Comunità di S.Eulalia; la casa della Comunità è identificabile, grazie ad altri documenti, con l’unità 2884, pertanto la casa Saliner Piras dovrebbe corrispondere all’unità 2882.

Anna Maria Piras vedova Saliner in data 20.06.1799 presentò la sua dichiarazione per il donativo; fra i suoi beni immobili denunciò una casa nella strada Gesus, composta da 5 stanze più cucina e ripostiglio per il carbone; era affittata per lire 125 annue al notaio Ambrogio Sciacca; la vedova specificò che dopo la sua morte la casa nella strada Gesus sarebbe spettata alla Comunità di S.Eulalia; non venne aggiunto nessun altro particolare che possa far capire quale fosse la casa; la vedova abitava in altra casa di sua proprietà, nella strada Barcellona (2940); si era sposata con Gio Batta Saliner nel 1757, era rimasta vedova nel 1778; non risultano figli nati dal loro matrimonio; non si conosce l’esatta data della sua morte, ma dovrebbe essere fra il giugno 1799 e il settembre 1801: infatti in data 24.09.1801 venne pubblicato il testamento di sua sorella Maria Chiara Piras vedova Cao, che dichiarò di avere da lei ereditato la casa nella strada di Barcellona.

In atto notarile del luglio 1808, relativo alla casa Cadello 2580, la casa laterale a quella, sull’altro lato della strada Gesus, viene detta della Comunità di Sant’Eulalia.

Dai dati catastali appena successivi al 1850 la casa 2882 apparteneva ancora alla Comunità di S.Eulalia. 

 

2883     

Sono stati rintracciati due documenti del 1784 che citano questa casa, uno del 24 giugno, l’altro del primo ottobre; si tratta dell’inventario dei beni di Carlo Marramaldo, defunto il 21.06.1784, e della successiva divisione dei suoi beni fra gli eredi; la casa confinava da una parte con una casa di S.Eulalia, dall’altra con la casa dei coniugi Saliner Piras, cioè le unità catastali 2884 e 2882; alle spalle vi era la casa del reverendo Vacca (2879) attraverso un vicolo, e davanti un’altra “casuccia” dello stesso Marramaldo (2579); era composta da due piani alti e il piano terreno, e fu stimata lire 1295 e 10 soldi; Carlo Marramaldo era celibe, senza discendenza diretta; i suoi parenti più prossimi erano il fratello Matteo “maggiore giubilato delle truppe di Sua Maestà”, che viveva a Torino, e i figli del fratello Agostino, cioè Francesco, Marianna, Maria Antioca e Maria Grazia Marramaldo Touffani, suora del convento di Santa Chiara; proprio a quest’ultima furono assegnati due terzi della casa corrispondente al numero catastale 2883, insieme a dei censi ed alla metà di una casa nella contrada della Costa; l’altro terzo della casa 2883 spettò a suo fratello Francesco Marramaldo Touffani. Maria Grazia, al momento di prendere i voti, aveva rinunciato formalmente ai suoi beni, nominando erede sua madre donna Barbara Touffani, e si era tenuta solo l’usufrutto.

Non è nota la data di morte di suor Maria Grazia, mentre la madre morì nel 1795; Francesco Marramaldo Touffani, conte di Nureci e Asuni, morì nel 1837.

A metà ‘800, dal Sommarione dei Fabbricati, risulta che il proprietario della casa 2883 fosse Matteo Marramaldo Toufani (1789-), figlio di Francesco Marramaldo Toufani e di Bartolomea Ravagli.

  

2884     

In due atti del 1784, relativi alla eredità di Carlo Marramaldo, è scritto che la casa Marramaldo 2883 confinava da una parte con la casa dei coniugi Giovanni Battista Saliner e Anna Maria Piras, e dall’altra parte con casa della Comunità di Sant’Eulalia; quest’ultima è identificata con l’unità 2884 grazie ad altri documenti: un atto notarile del 1773 e un atto del 1799, entrambi relativi alla casa 2885.

Nel donativo della Comunità di Sant’Eulalia, del 24.06.1799, sono comprese 3 case nella strada Gesus: casa Mamona, casa Rubbì, casa Solanas; una di queste potrebbe essere la casa 2884. Vi è un riferimento a questa proprietà di Sant’Eulalia in un documento dell’agosto 1809, relativo alla casa Urru 2880.

Dopo il 1850 apparteneva ancora alla Comunità di Sant’Eulalia.

 

2885      vedi 2879

 

2886     

Apparteneva all’Azienda ex-gesuitica: è citata come proprietaria della casa in un atto notarile del 1773, con cui venne eseguita la stima della casa 2885, e in due atti notarili del 1789 e del 1792, relativi entrambi alla casa 2887; in altro atto del 21.09.1797, anch’esso relativo alla casa 2887, risulta invece una proprietà del Gremio di Sant’Elmo.
La proprietà del Gremio è confermata da atto del 04.01.1811, relativo alla casa 2894, che confinava verso levante, in corrispondenza della strada denominata “S’arrughixedda”, oppure salita di Sant’Eulalia, attuale via Concezione, con una casa del Gremio dei Santelmari.

A metà ‘800 apparteneva al negoziante Francesco Urbano, figlio di Pasquale; in una casa al numero civico 6 del vico Concezione (forse corrispondente alla casa di cui si parla), morì il 06.05.1884 a 62 anni Gabriella Urbano, figlia di Francesco e Rita Cossu, moglie di Rafaele Franco.

 

2887     

La metà di questa casa (la parte più prossima alla strada Gesus e all’unità 2886) era di Juanna Fassio, quarta moglie del negoziante Gio Filippo Pinna; il 12.02.1788 le fu sequestrata per le pensioni non pagate, legate a un censo di 400 scudi che gravava sulla casa, e il 15.04.1789 fu venduta al pubblico incanto per 305 scudi al notaio Antonio Jorge Porcu; aveva due cortili interni, due piani alti, e aveva di fronte una casa del Capitolo di Cagliari (2893), da un lato l’altra metà della stessa unità 2887 (quella confinante con le case 2888 e 2889), posseduta dai coniugi cavalier Rafael Massa e dama Josepha Fassio, (sorella di Giovanna), dall’altro lato confinava con una casa della Azienda ex-gesuitica (2886), di spalle con la casa del notaio Francesco Antonio Vacca (la casa 2885 col suo cortile arrivava dietro alla casa 2887).

Con atto del 14.02.1791 il notaio Porcu acquistò anche l’altra metà della casa, sequestrata ai coniugi Massa Fassio.

Con atto del 21.05.1792 il notaio Jorge Porcu ottenne 300 scudi dal reverendo Antonio Pinna, e accese un’ipoteca sulla casa, che aveva bisogno di riparazioni e migliorie; già l’anno precedente aveva contratto un altro debito e acceso un’altra ipoteca; nell’inventario dei beni del defunto Joseph Mallus Tocco, del 04.03.1792, la casa 2887 venne indicata come una proprietà che era in precedenza “di Mantello”; le sorelle Giovanna e Giuseppa Fassio erano figlie di Andrea Fassio e di Angela Mantelli, dalla quale probabilmente avevano ereditato la casa.

In data 21.09.1797, i coniugi notaio Antonio Jorge Porcu e Rosa Alciator firmarono un atto di cessione e rinuncia della loro casa, a favore delle Reverende Madri di Santa Chiara; i coniugi Porcu Alciator dovevano al Monastero di Santa Chiara 375 scudi di pensione per un censo di proprietà di 1500 scudi, del quale Porcu si era caricato per estinguere i censi che pagava all’ex-Gesuita Antonio Pinna (atti del 13.07.1791 e del 21.05.1792); non avendo figli, i coniugi Porcu cedettero le due case, che erano state unite in un’unica abitazione; conservarono soltanto il diritto di abitazione, per la loro vita.

Erano due case contigue, trasformate in una sola casa, confinavano davanti con la casa del Capitolo (2892 e 2893), alle spalle con le case Vacca (2879 e 2885), da un lato verso l’angolo di Santa Eulalia con una casa dell’Arciconfraternita di S.Lucia (2888), e dall’altro lato verso l’angolo della strada Gesus con casa del Gremio di Santelmo (2886).

Nell’atto del 22.08.1800 con cui il reverendo Aitelli fondò il beneficio sulla casa del reverendo Vacca (casa 2879), la proprietà che si trovava dietro la casa Vacca è indicata come la casa che era di Mantelli, poi del notaio Jorge Porcu. Non si sa quando siano morti i coniugi Porcu Alciator: il 20.05.1802 consegnarono al notaio il loro testamento, e scrissero di voler essere sepolti nella chiesa di S.Eulalia; il testamento riporta anche alcune notizie familiari: il notaio Antonio Jorge Porcu era figlio del notaio Francesco Antonio e di Rosalia Atzori; non ebbe nessuna eredità dai familiari, anzi mantenne la madre e le sorelle per moltissimi anni; Rosa Alciator, figlia di Giovanni e di Giuseppa Zenuardo, apparteneva a una famiglia proveniente da Alassio. I coniugi Porcu, nel loro testamento, si nominarono eredi a vicenda, e dopo la morte di entrambi i loro beni mobili sarebbero spettati alla “donzella” Vincenza Urracca, figlia di Luisa Alciator sorella di Rosa; i coniugi Porcu l’avevano trattata sempre come loro figlia e viveva con loro; nel testamento confermarono di aver già ceduto la loro casa di abitazione al Monastero di Santa Chiara, riservandosi l’utilizzo di uno dei sòttani, della cisterna, e del primo piano della casa, che sovrastava entrambi i sòttani; in quest’atto è scritto che la casa si trovava nella strada detta “di Mantelli”: è l’unico caso in cui è stato attribuito questo nome a quella strada, attuale via Concezione, che il più delle volte veniva indicata come vicolo, senza nome preciso; il nome Mantelli deriva dall’antico proprietario della casa 2887, forse il nonno delle sorelle Fassio, e indicava probabilmente quella parte della attuale via Concezione fra via dei Pisani e via Cavour.

In data 16.06.1806 Rosa Alziator, vedova del notaio Jorge Porcu, nella sua casa della strada di Mantelli, consegnò un nuovo testamento al notaio Gioachino Mariano Moreno; erede universale fu nominata la nipote Vincenza Urracca Alziator; come già detto la casa non faceva parte dell’eredità, in quanto già ceduta al Monastero di Santa Chiara.

Nel donativo del Capitolo Cagliaritano, datato 1807, le case 2892 e 2893 avevano davanti una proprietà del Monastero di Santa Chiara, forse già subentrato nella piena proprietà della casa 2887 dopo la morte dei coniugi Porcu.
La stessa informazione proviene da un atto notarile del gennaio 1811, relativo alla casa 2893: la casa davanti, numero 2887, apparteneva al Monastero di Santa Chiara.
 

A metà ‘800 la casa apparteneva ancora al Monastero d Santa Chiara, con l’amministrazione di suor Teresa Crobu.

 

2888     

Con atto notarile del 1792, il causidico e notaio Antonio Giuseppe Porcu ipotecò la sua casa 2789, sull’altro lato della via; la casa confinava davanti, strada in mezzo, con la casa che era in precedenza dei fratelli Urru Besoz, e poi della chiesa di Santa Lucia, identificata con l’unità catastale 2888.

Il dato è confermato dall’inventario dei beni di Giuseppe Tocco Mallus, dello stesso anno, nel quale è scritto che una delle case del defunto, numero 2889, confinava con casa di Santa Lucia.

L’informazione è la medesima anche nell’atto di cessione della casa 2887 da parte dei coniugi Porcu Alciator, del 1797, in cui la casa 2888 è indicata come appartenente all’Arciconfraternita di Santa Lucia;

Nel donativo del 24.06.1799, l’Arciconfraternita di Santa Lucia denunciò una casa presso la porta piccola di S.Eulalia, con 3 bassi, 1 piano e mezzo con una sala, un’alcova, 2 stanze, affittata a scudi 48 annui.

Con atto notarile del 28.02.1801 i guardiani dell’Arciconfraternita della SS. Trinità sotto l’invocazione di S.Lucia, concessero in enfiteusi al notaio Joseph Serra Carta, col canone di 60 scudi annui, la casa che il defunto Antonio Urru Besoz legò alla Arciconfraternita con testamento rogato dal notaio Pasquale Maria Cicalo il 14.06.1775; la casa aveva bisogno di riparazioni e la si concedette in enfiteusi perchè la chiesa non aveva denaro; era inabitabile, in condizioni rovinose, consisteva in un piano alto e un mezzo piano, con 3 sottani e cisterna; dalla parte della porta piccola, sulla via dietro S.Eulalia, confinava davanti con la casa del causidico Antonio Joseph Porcu (2789), di spalle con casa del notaio Jorge Porcu (2887), da un lato con casa della eredità del fu Joseph Mallus alias Tacada (2889), e dall’altro con alcune casucce di S.Eulalia, vicolo in mezzo (case senza numero limitrofe alla casa 2892).

Dai dati del catasto della seconda metà dell’800 (1854) il proprietario risulta ancora l’Arciconfraternita di Santa Lucia; attualmente la casa non esiste più.

 

2889, 2890, 2891               vedi casa 2878