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ISOLATO R: Fortino/Gesus/Porta Gesus

(via Porcile, via Cavour)

numeri catastali da 2475 a 2483

le modifiche intervenute in questo isolato sono dovute principalmente alla demolizione delle mura orientali, alle quali le case si addossavano; con le mura è scomparsa anche la Porta Gesus, permettendo alla strada Gesus, ora via Cavour, di arrivare fino al viale Regina Margherita, così come la via dei Pisani, che prima si fermava alla via Porcile; la via dei Pisani ha quindi diviso in due l’antico isolato, con la scomparsa della casa costruita sull’unità catastale 2477; al contrario, le costruzioni edificate nel XIX secolo, al di sopra dell’unità catastale 2475, ne hanno unito la parte alta con il precedente isolato, fino alla via San Salvatore da Horta.

 

2475 e 2476

In data 20.10.1792 venne concesso in enfiteusi al goielliere Matteo Landi un tratto di terreno lungo la muraglia della cortina di Porta Gesus nella Marina, di lunghezza trabucchi 5 (15 metri e 74 cm) e di larghezza trabucchi 1, piedi 5, once 6 (oltre 6 metri), con l’introggio di lire 10 e annuo canone di lire 9; Matteo Landi di nazione napoletana, stabilito in Cagliari, voleva fabbricare una comoda casa per la sua famiglia nella strada che dallo Spedale (ospedale dei soldati, numero catastale 2838) discendeva a Porta Gesus, “in prospettiva dei cortili delle case dell’Azienda ex gesuitica”; le case che erano state dei Gesuiti sono con probabilità da collocarsi nell’unità catastale 2841; il terreno concesso a Landi corrisponderebbe quindi all’unità 2475, ma non sembra che il gioielliere abbia veramente fabbricato la sua casa, di lui non vi sono altre notizie.

In un atto notarile del 1800, relativo alla casa Fais 2846, questa aveva alle spalle, attraverso la strada del Fortino, le mura del quartiere; non viene fatta nessuna menzione di una casa sull’unità catstale 2745.

Diversi anni più tardi, in atto notarile del 02.06.1809 relativo alla unità catastale 2477, risulta che a fianco a questa si trovasse un “letamaio”, evidentemente un terreno non edificato; il mese successivo, con atto del 05.07.1809, venne firmata una concessione enfiteutica al Munizioniere di Guerra Michele Masala con l’introggio di £ 109, soldi 17 denari 5, e col canone annuo di £ 10, soldi 19, denari 8; la concessione riguardava un tratto di terreno attiguo alla cortina del bastione di Gesus e Monserrato, di lunghezza di trabucchi 13 e 5 piedi (circa 43,5 metri), di larghezza irregolare (da un lato trabucchi 3 e piedi 3, dall’altro trabucchi 1, piedi 3, once 6), confinante con la strada del Fortino e con la Cortina, e con la fabbrica “imperfetta” del Seminario Tridentino (2477); nel terreno vi era al momento della concessione un “gran letamaio”; il terreno concesso al Masala dovrebbe quindi corrispondere alle unità 2475 e 2476.

La proprietà Masala è confermata negli atti notarili del 17.08.1811 e del 08.11.1811, entrambi relativi alla casa 2477.

Si è trovato un altro riferimento alla proprietà Masala nell’inventario dei beni del fu Agostino Ravagli, del 1817: le case fabbricate dal Ravagli nella strada del Fortino, dentro il giardino detto del console inglese (2853) avevano di fronte, sull’altro lato della discesa, la casa del Regio magazziniere Masala (2476).

Michele Masala, Regio Munizioniere Generale di Guerra, proveniva da Alghero e risiedeva a Cagliari almeno dal 1803, così come suo fratello Antonio e sua sorella Maria Ignazia; nei pochi documenti rintracciati in cui è citato non gli si attribuisce mai il titolo di “don”, ma sembra probabile che facesse parte della famiglia di Alghero che ottenne il cavalierato ereditario nel 1520: infatti a metà ‘800 le unità 2475 e 2476 appartenevano a donna Cristina e donna Maddalena Masala, figlie del fu Michele.

 

2477

In atto notarile del 20.09.1778, inventario dei beni del defunto Domenico Marramaldo, è inserito l’estimo di un giardino (unità catastale 2853) sito nella “discesa che dalla Porta di Villanova conduce alla Porta di Gesus”, altrimenti detta strada del Fortino, situato di fronte al magazzino principale del Seminario Tridentino; questo magazzino è identificato con l’unità 2477; con atto notarile del 14.11.1797 il negoziante Agostino Ravagli ipotecò il giardino ex-Marramaldo; confinava per davanti con la Reale Muraglia, e con un magazzino annonario del Seminario Tridentino (2477).

Nella dichiarazione per il donativo del 03.07.1799 il canonico Raffaele Humana, amministratore del Seminario Tridentino, denunciò una casa nelle vicinanze della Porta di Gesù formata da un piano di 4 stanze, affittata per scudi 24 annui.

Nel 1809 il Seminario Tridentino aveva un debito di scudi 303 e mezzo verso lo speziale Giuseppe Contu Lai, e doveva versarne gli interessi di 4 anni; per restituire quella somma, con atto del notaio Antonio Tiddia del 02.06.1809, fu caricato un censo su una proprietà del Seminario, che avrebbe ricevuto 310 scudi dall’amministratore dei Legati Pii: 200 scudi provenivano dalla Cappellania fondata da Gio Batta Bono nella chiesa di San Nicolò extra muros[1], gli altri 110 scudi provenivano dal Legato Pio di don Salvatore Rodrigues e donna Giuseppa Pinna; l’atto fu firmato dal Canonico e Protonotaro apostolico Antonio Visca, in rappresentanza del Seminario, e dal Reverendo Beneficiato Bonaventura Puxeddu in qualità di Ricevitore dei Legati Pii della diocesi cagliaritana; furono stabiliti gli interessi al 5%, e fu ipotecata una proprietà del Seminario, composta da una stanza terrena ed altra superiore, con un magazzino “imperfetto” (cioè non interamente costruito) attiguo, col giardino e la cisterna alle spalle, situata nei pressi della Porta Gesus del sobborgo della Marina; era una immobile costruito dal Seminario, confinante alle spalle con la muraglia di Porta Gesus, davanti con una casa del monastero della Purissima Concezione (2855), da una parte con una casa di Paolo Cojana (2478), e dall’altro lato col letamaio (2476).

Altra testimonianza della proprietà del Seminario è data dalla concessione fatta il 05.07.1809 a Michele Masala per il terreno corrispondente all’unità catastale 2476, confinante con la fabbrica “imperfetta” del Seminario Tridentino.

Con atto notarile del 17.08.1811 il canonico Antonio Visca, in qualità di preside del Seminario Tridentino, cedette al nobile don Michele Humana il magazzino che il Seminario possedeva nella discesa che da Santa Rosalia andava alla Porta Gesus; fu venduto per lire 2315, a parziale copertura di un debito che il Seminario aveva con il compratore Humana; l’immobile aveva alle spalle le mura di Gesus, davanti una casa del Monastero di S.Chiara (2855), di lato la casa Masala (2476) e dall’altra parte una casa Coyana (2478).

Con atto notarile del 08.11.1811 don Michele Humana vendette la casa adibita a magazzino, acquistata pochi mesi prima dal Seminario, al negoziante Pietro Crobu; fu pattuito il prezzo di scudi 1200, cioè 3000 lire.

Dopo il 1850 l’unità 2477 apparteneva a Giovanna Tuveri (1787?-1875) vedova di Pietro Crobu (detto Topixeddu, defunto nel 1851), ed ai figli Michele (1815?-1875) e Raimondo Crobu, così come l’unità 2478.

Due altre figlie di Pietro Crobu e di Giovanna Tuveri, Maria e Francesca, morirono nubili nel 1885 e nel 1895, all’età di 70 anni e 85 anni, in una casa al numero 3 della via Darsena che, senza averne la certezza, potrebbe corrispondere ai numeri catastali 2477 e/o 2478. 



[1] demolita nel 1869, si trovava nell’attuale via Sassari, all’altezza della piazza del Carmine 

 

2478 e 2479

Con atto notarile del 30.11.1799 venne venduta la casa 2855, con facciata sulla strada del Pagatore e cortile sulla contrada che dall’ospedale di Monserrato si discende a porta Gesus, e confina per le spalle verso scirocco (discesa della porta Gesus mediante) a case nuove non compite dell’arcivescovo di Cagliari don Didaco (o Diego) Gregorio Cadello (casa 2478 e area contigua senza numero); con atti notarili del 23.02.1802 e del 05.05.1802 venne eseguito l’estimo e poi la vendita della stessa casa 2855, confinante per le spalle a casa nuove di Monsignor don Diego Cadello.

Anche l’unità 2479 apparteneva all’Arcivescovo di Cagliari: in un atto notarile del 04.09.1790 il patron Joseph Gambazzu ipotecò la sua casa (2480) sita en la bajada de la muralla dela puerta de Gesus, nella Marina, confinante con magazzini dell’Arcivescovo; le unità 2478 e 2479 erano forse dei beni assegnati all’Arcivescovo che nel 1790 era Vittorio Filippo Melano.

 

Un atto notarile del 1804, relativo alla casa 2480, riferisce che la vicina casa 2479 apparteneva agli eredi dell’abate Viola; non si ha nessuna notizia di questo abate, e occorre notare la poca precisione dell’atto in questione, dove il proprietario della casa 2480 viene chiamato Gamba anziché Gambazzu (senza escludere che Gamba fosse il cognome originale!), il proprietario della casa 2481 viene chiamato Raimondo Cannavera anziché Raimondo Canaparo, e dove la strada viene indicata in modo davvero approssimativo.

In atti notarili del 02.06.1809, del 17.08.1811 e del 08.11.1811, tutti relativi alla casa 2477, la casa confinante 2478 risulta del negoziante Paolo Coyana; non è stato per ora rintracciato l’atto di acquisto del Coyana. 

Dopo il 1850 l’unità 2478 apparteneva a Giovanna Tuveri (1787?-1875) vedova di Pietro Crobu (detto Topixeddu, defunto nel 1851), ed ai figli Michele (1815?-1875) e Raimondo Crobu, così come l’unità 2477 (vedi); l’unità catastale 2479 apparteneva invece al “panataro” Nicola Poggi.

 

2480     

Vi sono alcune incertezze sulla identificazione dei proprietari di questa casa: in una causa relativa all’eredità di Domenico Gherzi, nell’elenco dei suoi beni (databile approssimativamente al 1788) è compreso un magazzino sito nella calle che conduceva alla porta Gesus, identificato con la parte sud della casa 2856, confinante davanti con casa del doctor en artes y medicina Thomas Parayso, la quale corrisponderebbe all’unità catastale 2480.

Il dato è confermato da un atto notarile del 27.03.1789, relativo alle case dei coniugi Francesco Canaparo e Maria Rosa Tolesano, le cui case 2481 e 2482 confinavano da un lato con la casa di Maria Anna Martin, vedova di Thomas Parayso (o Paradiso).

Da altro atto notarile del 04.09.1790 risulta però che la casa 2480, confinante da una parte con casa dell’Arcivescovo (Melano) (2479) e dall’altra con quelle dei coniugi Canaparo (2481 e 2482), appartenesse al patron Joseph Gambazzu, che dichiarò di averla acquistata dal negoziante Ignazio Uda.

La proprietà del battellaro Joseph Gambazzo risulta anche da altro atto notarile del 09.09.1791, relativo alle case Canaparo; per confermare definitivamente queste diverse informazioni occorrerebbe rintracciare gli atti relativi ai passaggi di proprietà fra la vedova Martin (o i suoi eredi), Ignazio Uda e Giuseppe Gambazzu, fra il 1789 e il 1790.

Il marinaio e battelliere Giuseppe Gambazzu morì nel 1796; con atto notarile del 19.12.1804[1] la sua vedova, Caterina Scanu, fece valutare la casa in accordo col Gremio di Sant’Elmo che era interessato all’acquisto, anche perché possedeva un capitale di 100 scudi onerato sulla casa, più diverse rate di pensione non pagate, probabilmente un prestito fatto al defunto Gambazzu; la stima fu eseguita dai mastri Antonio Demontis, muratore, e Antonio Ferdiani, carpentiere; fu valutata in totale per 1472 lire, 18 soldi e 6 denari.

Non si sa se il Gremio abbia poi deciso di acquistare la casa, per la quale non sono state rintracciate altre notizie fino a quelle inserite nel registro catastale di metà ‘800, dove è scritto che allora apparteneva a Giuseppe, Raimondo (1848-1892) e Maria Cima, figli del fu Natale Cima (svizzero, morto il 29.11.1851 all’età di anni 40) e di Domenica Ambrogi.

 



[1] In questo documento il defunto proprietario viene chiamato Giuseppe Gamba, anziché Gambazzu o Cambazzu, come era solitamente chiamata la famiglia; non si esclude che Gamba possa essere il cognome originale; Giuseppe Gambazzu, fratello del più agiato Antonio, era figlio di Giacinto e Vita De Stefano; la loro figlia Angela, forse la maggiore, risulta nata a Trapani.

 

 

 

2481 e 2482       

Con atto del notaio Agostino Ligas del 15.12.1786 i coniugi Francesco Canaparo, negoziante piemontese, e sua moglie Maria Rosa Tolesano caricarono il capitale di lire 440, soldi 12 e denari 6 sulle loro due case di proprietà e abitazione; la pensione annua veniva pagata al Legati Pii ex-gesuitici; il 27 marzo del 1789 venne aggiunto un altro censo di lire 250, con ipoteca sulle case, e pensione annua al 5% da pagare all’Azienda ex-gesuitica; si tratta delle case con numero catastale (nella carta di metà ‘800) 2481 e 2482; sull’altro lato della via c’era la casa del fu cavaliere dottore in diritto Agustin Lay Brunengo (2857), di lato la casa di Maria Anna Martin vedova di Thomas Parayso (2480), sull’altro lato la casa dei nobili fratelli don Geronimo e don Raimondo Guacarà (casa 2483); il precedente proprietario, da cui i coniugi le avevano comprate, era il nobile don Joseph Piras di Cagliari.

In data 07.08.1791 il Regio Misuratore Gerolamo Massei eseguì l’estimo delle 2 case su richiesta dei proprietari coniugi Canaparo Tolesano; le valutò per scudi 1696, reali 5, soldi 3, denari 8; la casa grande (2482) era abitata dagli stessi coniugi e valeva scudi 1312, reali 9, soldi 3, danari 4, la seconda casa (2481) valeva scudi 383, reali 6, danari 4. La casa più grande era composta da un camerone terreno, l’entrata, un piccolo mezzanello, la cantina, un piccolo cortile; il primo piano era diviso in una sala, un camerino, la cucina, due camere per dormire; l’ultimo piano aveva 4 camere inabitabili; la casa piccola era composta da un magazzino terreno, al primo piano c’è una sala, l’arcova, un andito, la cucina, e sopra vi era una “suppanta ossia un mezzo solaio”.

Il mese successivo, il 9 settembre, i coniugi Canaparo Tolesano cedettero all’Economo Regio della Azienda ex gesuitica una parte delle loro case, per un totale di scudi 800 corrispondenti a due censi e diverse pensioni già maturate e non pagate; non potendone pagare le pensioni, i coniugi vendettero una quota delle case per evitare che venissero sequestrate; avevano davanti la casa degli eredi Lay Brunengo (2857), mentre i proprietari delle case laterali erano cambiati: la casa 2483 risultava appartenere al Marchese Pasqua, la casa 2480 era del battellaro (patron) Giuseppe Gambazzo. Venne specificato che le due case erano state comprate dal fu nobile don Giuseppe Piras di Cagliari per scudi 500, con atto notarile del 24.09.1766.

Francesco Canaparo è ancora nominato in atto del 1792 relativo alla casa 2480 (anche se viene chiamato Scanapane); in atto notarile del 11.11.1798, relativo alla casa 2483, risulta già defunto, e le case erano dei suoi eredi.

La vedova Rosa Tolesano presentò la sua dichiarazione per il donativo il 24.06.1799: scrisse di possedere nella strada della Porta Gesus, vicino alla casa del segretario Bernardo Coiana (2483) una casa con pianterreno e primo piano, con 3 stanze, e un’altra casa diroccata dalle bombe francesi; le abitava in parte la proprietaria con pericolo di vita, e per le loro condizioni se ne potevano ricavare a stento 40 scudi annui; inoltre erano caricate di proprietà censuali.

Con atto notarile del 06.08.1801 la vedova Maria Rosa Tolesano cedette i suoi diritti sulle due case ai figli Raimondo e Domenica Canaparo; la vedova dichiarò che le case erano gravate di un censo a favore dell’Azienda ex-gesuitica, che era servito per pagare alcuni creditori e per estinguere un altro censo che era stato acceso nel dicembre 1786 con i danari del caffettiere Nicolò Tramaso. Inoltre le case erano molto danneggiate a causa dei bombardamenti francesi del 1793, ne rimaneva solo una piccola abitazione; il marito Francesco Canaparo era morto per lo spavento durante i bombardamenti e la vedova aveva debiti per 420 scudi; pertanto cedette le case ai figli Raimondo e Domenica, col consenso del marito di quest’ultima, Francesco Mannu.

Ancora nel luglio 1807 Raimondo e Domenica Canaparo pagavano all’Azienda ex-gesuitica le pensioni annue sui censi caricati sulle case. 

Dopo il 1850 appartenevano al parrucchiere Efisio Brundu.

A prima vista le case Canaparo potrebbero essere identificabili attualmente con le due piccole costruzioni fatiscenti, ben evidenti nella via Porcile, al di sopra del palazzo d’angolo con la via Cavour; però, data la ricostruzione a seguito dell’allargamento di questo tratto della via Cavour, è più probabile che il palazzo d’angolo comprenda attualmente quanto rimane dell’unità 2483 e anche l’unità 2482, ex casa Canaparo; una della case fatiscenti, quella più a sud, corrisponderebbe all’altra casa Canaparo, cioè l’unità 2481.

 

2483     

In data 27.03.1789, dall’atto notarile con cui i coniugi Canaparo ipotecarono le loro case 2481 e 2482, la casa 2483 risulta appartenere ai nobili fratelli don Geronimo e don Raimondo Guacarà; non si hanno informazioni su questa famiglia, e i documenti successivi riportano differenti proprietari e contraddicono questa attribuzione.

Con atto del 09.09.1791 i coniugi Canaparo/Tolesano ipotecarono ancora le loro case, e in questa occasione la casa confinante 2483 risulta appartenente al marchese Pasqua; il dato è confermato da quanto riportato in una causa civile del 1791, nel quale è inserito l’elenco dei beni immobili dell’eredità Vivaldi Pasqua: fra questi è inclusa una casa nel sobborgo della Marina, e contrada detta del Fortino, attigua alla Porta di Gesus, cioè la prima casa dopo la Porta, andando dalla Marina verso il Castello.

Con atto notarile del 11.11.1798 don Pedro Vivaldi Zatrillas, marchese di Trivigno Pasqua, vendette al negoziante Bernardo Cojana la casa sita nella Marina, nella strada detta del Fortino vicina alla Porta di Jesus, con due piani alti e un magazzino grande, due cisterne e il pozzo, le finestre con i balconi in ferro, due porte grandi di cui la principale si apriva sulla calle del Fortino, l’altra si apriva verso le muraglie; di fronte c’era la casa dell’erede del cavalier Lay (2857), di lato il corpo di guardia della porta di Jesus (2485?), sull’altro lato la casa degli eredi di Francesco Canapan (sic) (2482), e di spalle le muraglie; nell’atto è specificato che la casa era stata ereditata dal padre e dal nonno di don Pedro, i marchesi don Joseph (1726-1786) e don Pedro Joseph (1700-1785), e quest’ultimo l’aveva comprata dal negoziante Francesco Rapallo il 26.agosto 1774; è quindi chiaro che queste informazioni, date con molta precisione, tolgono validità a quanto si legge nel citato atto notarile del 1789: un’ipotesi è che in quel primo atto siano stati riportati dei proprietari più antichi, forse quelli del 1766, cioè quando i coniugi Canaparo/Tolesano avevano acquistato le loro case.

Il negoziante Bernardo Coiana presentò la sua denuncia per il donativo in data 21.06.1799: vi era compresa una casa nella strada del Gesù, abitata dal proprietario, formata dal piano terra con un magazzino e 2 piani alti con 14 stanze in tutto; si sarebbe potuta affittare per scudi 110 annui.

Nell’elenco dei maioli presenti in città, del 23.08.1808, è incluso Giovanni Floris di Desulo, abitante nella casa di Bernardo Coiana nella strada del Fortino.

Il Coiana morì nel dicembre 1819; nel suo testamento del 16.07.1819, ritrovato in una causa civile iniziata nel 1845, è specificato che abitava nella casa presso la Porta Gesus, che lasciò alla sua vedova Maria Crobu con tutto ciò che conteneva, escluso il denaro e gli articoli di magazzino.

Dopo il 1850 la casa 2483 apparteneva ad alcuni dei figli di Bernardo Coiana: Agostino (1798-1874), Teresa (1784-1869) vedova di Giuseppe Porru e Marianna (1793-) vedova di Luigi Lugas; una parte apparteneva al negoziante Vincenzo Fiorentino, col quale non risultano parentele. 

Da un documento dell’Archivio Comunale (Sez. II, Registro N° 49, deliberazioni del Consiglio civico dal 2/11/1863 al 15/18/1865), segnalatomi dal ricercatore Vincenzo Spiga, risulta che nel 1865 il Comune di Cagliari acquistò la casa 2483 per demolirla e allargare la strada che portava alla Porta Gesus; l’immobile, con accordo dei proprietari, fu valutato dall’architetto civico e acquistato per lire 17.981,73, in particolare lire 6.288,59 per il piano terreno (composto da un magazzino e una bottega) appartenente al negoziante Fiorentino, lire 6.000,69 per il primo piano appartenente al negoziante Battista Varsi, lire 5.692,45 per il secondo piano appartenente al signor Agostino Cojana.